Il Mistero De Sesso : Finalmente Un Articolo Chiarificatore E Liberatorio.

IL MISTERO DE SESSO (primo articolo)Da Padre Giovanni CavalcoliLa sessualità umana nella visione cristiana non è solo un dato fisico, non è solo un dato biologico, non è solo una dimensione dell’animalità, non è solo un fatto psicologico, non è solo un prodotto della cultura o dell’educazione, ma è un mistero di fede. Ne sono convinto, benchè non esistano dogmi definiti che abbiano per oggetto il significato e il valore del sesso umano.In questo nostro tempo di degradazione della sessualità e di distruzione dell’etica sessuale, per la quale assistiamo al ritorno delle pratiche più aberranti dell’antico paganesimo, credo che sia più che mai urgente mostrare con realismo e senza idilliache quanto illusorie idealizzazioni, la grandissima dignità del sesso, che risulta da una sana visione del cristianesimo secondo i dati più recenti della sessuologia e del Magistero della Chiesa.Certo per il cattolico esiste il matrimonio, che è un sacramento e quindi una realtà di fede e S.Paolo non esita a chiamarlo “mistero” di fede (Ef 5,32). Ma il matrimonio, benchè ovviamente sia legato al sesso, non coincide esattamente col significato fondamentale del sesso umano come tale, significato, che, come accennerò brevemente in questo articolo, ha un altissimo valore per conto proprio, indipendentemente dalla finalità procreativa e ciò – sia ben chiaro – da intendersi in un senso del tutto estraneo ad una qualunque benchè lontana interpretazione di tipo edonistico oggi così diffusa, per la quale il piacere sessuale è disordinatamente cercato e idolatrato come tale al di fuori e contro qualunque preoccupazione di carattere morale o religioso.Per svolgere adeguatamente il nostro tema, dovremo portare alla luce le radici più profonde della sessualità così come ci sono offerte dal Genesi e soprattutto dal capitolo secondo. Partiamo intanto da una premessa storica che ci introduce nella questione.Nella storia della morale c’è sempre stata la tendenza sbagliata ad avvertire il piacere sessuale sotto due visuali opposte: o come colpa inespiabile o come felicità assoluta. La prima è la visione pitagorica e manichea, che passando per il platonismo e l’origenismo giunge sino al rigorismo cataro del medioevo, sino al giansenismo e al puritanesimo del sec.XVII ed oltre sino ai nostri giorni. La seconda è la visione epicurea che passando attraverso il paganesimo rinascimentale e il libertinismo settecentesco giunge sino all’edonismo dannunziano e al freudismo.La prima è una visione rigida, tetra e cupa, che suppone una spietata repressione che provoca poi le neurosi oggetto della psicanalisi; la seconda è una gioia esteriore, falsa e forzata, che nasconde un conflitto interiore irrisolto capace di esplodere in modo irrazionale e violento.Per chi accetta la prima visione il piacere sessuale fa schifo od orrore o suscita vergogna o turbamento; per l’altra visione, qualunque godimento sessuale in qualunque modo od occasione, solo che se ne possa approfittare, pare la cosa più naturale ed attraente del mondo, e quando si gode sessualmente, sembra di toccare il cielo con un dito.Per i primi l’ideale è la negazione o soppressione di ogni piacere sessuale, per i secondi è l’auspicio di poter godere sessualmente 24 ore su 24. I più anziani ricorderanno la canzone di Adriano Celentano di tanti anni fa “24.000 baci”. Né gli uni né gli altri sanno che cosa sono il sesso e il piacere sessuale. Il libertino che idolatra il sesso e crede di godere, non gode veramente e il rigorista che disprezza il sesso e non vuol godere, disprezza irragionevolmente una qualità della vita fisica creata da Dio.Infatti, proprio in quanto creato da Dio, il piacere sessuale è in sé una cosa buona, conseguente al piano originario della creazione, che prevede l’unione dell’uomo con la donna (Gen 2,24), che ha lo scopo di superare la solitudine dell’uomo – “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18) -.Questa unione dovrà ricostituirsi alla risurrezione, perché ha un valore antropologico in se stessa a prescindere dalla finalità procreativa, che pure costituisce il fine naturale della sessualità dal punto di vista biologico. Ma la sessualità umana, secondo il piano divino, ha anche un fine più profondo, unitivo e perfettivo dell’individuo umano ossia della persona, che non esiste ai livelli inferiori della vita, dove il sesso esaurisce totalmente la sua funzione nell’attività riproduttrice della specie.A differenza di altre funzioni biologiche, come per esempio l’alimentazione, la differenza sessuale nell’uomo coinvolge la persona nella sua totalità, compreso lo spirito, cosa che fonda e provoca nei due una reciprocità che riguarda la stessa perfezione della vita spirituale, un reciproco aiuto nel progresso morale e nello stesso cammino di santità, cosa che evidentemente non esiste nei puri spiriti, nei quali questa dualità non esiste.Ma questa reciprocità perfettiva della coppia non esiste neppure tra le piante e gli animali, non perché non abbiano il sesso, ma perché non hanno lo spirito. Lo spirito infatti è il principio del progresso e della perfezione. Questo abbinamento di spirito e sesso è dunque cosa esclusivamente propria della persona umana. Piante ed animali hanno il sesso ma non lo spirito; gli angeli sono spiriti senza sesso; la persona umana possiede e lo spirito e il sesso.Da qui una specialissima sintesi tra sesso e spirito, che non si riscontra da nessun’altra parte in tutta la creazione. Il contrasto dunque tra spirito e sesso e il contrasto tra uomo e donna non corrispondono al piano originario della creazione, ma sono una conseguenza e un castigo del peccato originale. La riconciliazione tra uomo e donna, in particolare il superamento del dominio dell’uomo sulla donna, è strettamente legata alla ritrovata armonia tra spirito e sesso, garantita dal cristianesimo.Per questo l’etica umana non può essere né epicurea (sì al sesso, no allo spirito), né platonica (sì allo spirito, no al sesso), ma è un’etica sui generis che deve saper sintetizzare armoniosamente queste due dimensioni della vita, in una sana e serena sottomissione del sesso allo spirito, senza però umiliare il sesso nel momento però in cui il sesso non deve far da padrone.L’etica cristiana, rettamente intesa, eccelle nell’indicare all’uomo anche qui la via della felicità e il vero senso del piacere sessuale. Dico rettamente intesa, perché in passato è stata troppo sotto l’orbita del platonismo (per esempio Origene, per non parlare di certe sètte protestanti) per una malintesa concezione della verginità consacrata.Anche su questo punto gli insegnamenti morali del Concilio Vaticano II hanno “corretto il tiro” con la proposta di una sessualità equilibrata, più conforme alle vere esigenze della moderna sessuologia, del Vangelo e del piano originario della creazione, piano che poi viene fondamentalmente recuperato nella risurrezione[1]. Se oggi in questo campo c’è una tendenza sbagliata, è quella di un fraintendimento dell’insegnamento conciliare che, sotto pretesto della dignità del sesso, ha reintrodotto una nuova forma di edonismo pagano, riducendo quasi a zero la gravità dei peccati sessuali.In realtà, nel cristianesimo la dignità della sessualità umana è dimostrata sommamente dal fatto che essa è stata assunta in unione ipostatica dalla stessa Persona del Verbo, benchè sotto la dimensione della mascolinità. Ma è evidente che la femminilità non è esclusa, stando il fatto che essa è uno dei termini essenziali della dualità sessuale di quella natura umana che appunto è stata salvata dal Verbo, grazie all’assunzione della natura umana individuale di Cristo, “nato da donna” (Gal 4,4), per cui si può dire, come insegna il Concilio, che “con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo”[2], non certo in modo attuale, formale ed effettivo, quasi abbia assunto di fatto tutte le individualità dell’umanità, ma in quanto dà a tutti la possibilità di partecipare del mistero dell’Incarnazione.Infine l’apoteosi cristiana della sessualità risulta dal fatto che l’unione uomo-donna rappresenta, secondo l’insegnamento paolino, la stessa unione di Cristo con la Chiesa e, secondo una tradizione che risale all’Antico Testamento, vedi il Cantico dei Cantici, rappresenta l’unione mistica dell’anima con Dio.La sostanza del chiarimento che il Concilio apporta su questo delicato argomento della dualità umana è dato dalla tesi secondo la quale l’unione fra uomo e donna “costituisce la prima forma di comunione delle persone”[3] e si badi bene: non si parla dell’unione generativa tra marito e moglie, benchè ovviamente questa venga in primo piano, ma in generale dell’uomo e della donna. Infatti in questo contesto il Concilio non tratta del matrimonio, ma della dignità della persona e in particolare della sua vocazione comunitaria, per cui il discorso riguarda la dignità della persona come tale, sposata o non sposata che sia.Così pure l’unione progettata da Dio nel Genesi non è radicalmente l’unione tra marito e moglie, ma tra uomo e donna. Infatti l’ebraico non dice “si unirà a sua moglie” (baalà), ma alla sua “donna” (ishshà) (Gen 2,24). Così la procreazione e il matrimonio balzano in primo piano del primo capitolo del Genesi, mentre nel secondo emerge il valore dell’unione e il matrimonio resta nell’ombra senza venir neppure nominato.E’ qui che troviamo la chiave decisiva per comprendere la dignità ultima e misterica – il mistero del sesso – della sessualità umana. Sta qui il principio del superamento degli opposti estremismi dell’edonismo e del rigorismo, per una visione giusta, rasserenante e gratificante del rapporto tra sesso e spirito nella persona umana. N