La Comunione Nelle Mani

La Comunione nelle mani


Dopo essere stata bocciata per tre volte, in un'ultima votazione della CEI (Conferenza Epi­scopale Italiana) è passata - per un solo voto! - la proposta di dare anche in Italia la Comu­nione nelle mani.
«Per un solo voto».
Significa che non tutti i Vescovi italiani so­no d'accordo e che questa disposizione non è un dogma di fede; perciò non bisogna considerar­si in peccato se non si condivide una disposizio­ne che - anche se resa «legale» da una votazio­ne - lascia perplessi.
E, pur rispettando la «legge», non possiamo sentirci in sintonia con essa.
La «legge» è appena uscita ed è già abuso. Lo si prevedeva, perché già era successo in altri luoghi, e l'uomo è sempre lo stesso. Dieci anni fa, in Svizzera, fu trovata un'Ostia consa­crata adagiata su un fazzolettino di carta sul co­modino di un malato che la aveva avuta «nelle mani» dal cappellano della clinica che era pas­sato al mattino: «Adesso non mi va, la prendo dopo» fu la risposta del malato alle legittime os­servazioni.
Può sembrare strano, ma invece è nella più elementare logica delle cose: quando si ha «nelle mani» qualcosa ci si sente padroni della stessa, ci si ritiene autorizzati a farne l'uso che ci pa­re, perché la consideriamo cosa «nostra». Qualche giorno fa, nella cripta di Padre Pio in S. Giovanni Rotondo, ho partecipato ad una concelebrazione e - seduto mentre due sacer­doti distribuivano la Comunione - ho assistito a questa scena: una donna ha preso Gesù nelle mani, è andata al suo posto, si è seduta sempre con l'Ostia nelle mani e le ha dato tanti bacetti. Non intendo mettere in dubbio la buona fe­de di questa novella Maddalena che, all'ombra di padre Pio - avuto finalmente il «suo» Gesù nelle mani - ha potuto sfogare tutta la sua de­vozione convinta di avere il placet della legge. Metto in dubbio la validità della legge che ciò ha permesso.
E metto in dubbio la serietà di quanti per­mettono che la «legge» venga posta in atto sen­za aver preventivamente spiegato i limiti della «legge» stessa, che è chiarissima in questo sen­so, ed impone che il fedele consumi la Particola dinanzi al Sacerdote stesso, spostandosi di lato.
Perché i Sacerdoti che distribuiscono la Co­munione non esigono dai fedeli l'osservanza del­la «legge»?
Ogni Sacerdote ha il dovere di richiamare il fedele che non rispetta le norme, e non deve con­tinuare a distribuire l'Eucaristia quando i pii devoti se ne tornano al banco custodendo il « lo­ro» Gesù nelle mani, con la gioia che ha il bam­bino quando ha preso una farfalla e la chiude nelle sue mani gridando «l'ho presa, l'ho presa! » e accingendosi magari a toglierle le ali perché ormai «l'ha presa» e quindi può farne quello che vuole.
Una volta, tra le prove d'obbligo dei nuovi adepti alla massoneria, c'era proprio l'incetta delle Ostie consacrate che essi dovevano fare, peregrinando di chiesa in chiesa, dopo essersi bagnata la bocca con un preparato a base di ace­to che bloccava la salivazione e faceva sì che la Particola restasse per qualche tempo sulla lin­gua senza sciogliersi.
Dopo, tornati al banco, devotamente inginoc­chiati, mettendosi le mani sul viso in atto di pro­fondo raccoglimento, i procacciatori di Ostie de­ponevano in un fazzoletto la sudata preda e la consegnavano ai loro mandanti.
Tali Ostie venivano usate in cerimonie para­liturgiche (le oggi tanto diffuse «messe nere») nelle quali satana e i suoi adepti danno - a mo­do loro - la propria testimonianza di fede alla reale presenza di Gesù nell'Eucaristia.
Oggi tutto è semplificato: è proprio la Chie­sa, nella persona del Sacerdote, che «mette nel­le mani» di chi lo desidera il suo capitale più prezioso, Gesù Eucaristia, Dio presente in Cor­po, Anima, Spirito e Divinità tra i Suoi «figli». Ma quanti danno Gesù Eucaristia «nelle mani» di chiunque senza far rispettare le norme che re­golano la nuova liturgia stiano attenti perché po­trebbero divenire - senza rendersene neanche conto - dei Giuda che « danno nelle mani » del­l'avversario (Mt 26,15) il loro Maestro e Signo­re che a loro si è affidato perché di loro si è fi­dato.
E, alla resa dei conti, il «conto» sarò saldato. Ciascuno si regolerà come crederà più op­portuno, perché la libertà è sacra; ma stiamo ben attenti all'uso che ne facciamo perché è un'arma a doppio taglio, e potrebbe accadere che il «Pane di vita» diventi «condanna»:
«Chiunque in modo indegno mangia il pa­ne o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto esamini se stesso...» (1 Cor 11,27-28)
P. Andrea D'Ascanio