Il Pellegrinaggio Un Punto Alla Ricerca Di Dio

Intervista a Mons. Antonio Staglianò Vescovo di Noto (SR), membro Commissione Episcopale Cultura e Comunicazioni Sociali, e teologo
IL PELLEGRINAGGIO UN PUNTO ALLA RICERCA DI DIO
turismo religioso: non solo un fine economico e spirituale, ma un mezzo per il recupero dell’Umanità
Dr. Luigi Aiello Testata "lo Strillo" di Napoli Ed. Gennaio 2013

DALLA SETTIMA edizione della Borsa Aurea (25/27 ottobre), che quest’anno ha avuto come teatro di svolgimento la Basilica di S. Francesco di Paola in Calabria e di cui abbiamo già dato ampio spazio informativo nel numero di novembre ci siamo sentiti in dovere di approfondire un tema di vitale importanza per la Nuova Evangelizzazione: e cioè il recupero della spiritualità dell’uomo come mezzo per raggiungere la comunione fraterna fra gli uomini. Mons. Staglianò ha affrontato questa problematica mettendo a confronto gli aspetti materiali e spirituali del turismo religioso in Italia e all’estero. Dalla Sua alta esperienza spirituale come Consulente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) per il progetto culturale, il Vescovo ha evidenziato quale rischio si corre nel promuovere iniziative turistico-religiose dando solo una importanza fondamentale ai numeri e alle presenze che ogni anno affollano i luoghi di culto (a tal proposito ricordiamo che solo in Italia il flusso dei pellegrini in movimento per l’anno 2008 ha generato un giro d’affari di oltre 4,5 miliardi di dollari, mentre in tutto il mondo il flusso totale è stato di circa 19 miliardi di dollari); In sostanza, senza nulla togliere alla componente puramente economica del fenomeno, pur di vitale importanza per l’economia mondiale, Egli ha sottolineato la totale mancanza di iniziative che promuovessero il turismo religioso anche come momento di aggregazione e comunione fraterna al solo fine di recuperare quell’Umanità dell’uomo che nell’ultimo secolo è andata pericolosamente sbiadendo a confronto di una vanità sempre più marcata.
- Mons. Staglianò, secondo Lei quanto è grave la perdita d’identità vera e spirituale dei luoghi di culto nell’inconscio del pellegrino?
“Il turismo religioso oggi, mentre si studiano forme adatte alla nuova evangelizzazione, è divenuto uno dei temi più urgenti per i pastori della Chiesa, costretti sempre più spesso a confrontarsi con questo ‘problema’. La presenza nel nostro territorio di Chiese e monasteri di elevatissimo ed indiscusso valore artistico, culturale e storico costituisce per qualsiasi turista un'occasione unica per stuzzicare i propri sensi con i colori degli affreschi e dei dipinti, con l'odore suggestivo dell'incenso, con l'ascolto delle scholae cantorum e con la gelida solennità del marmo e della pietra; ma come lei ha giustamente sottolineato non è questa la vera identità dei nostri luoghi sacri! Il vero grande problema che attanaglia il turismo religioso oggi è il fatto che sempre più raramente si incontrano “pellegrini”, e sempre più spesso “passeggeri”. È vero, entrambi si mettono in viaggio per giungere a mete prestabilite, però i due si distinguono per il tempo che dedicano al gusto della meta e, di conseguenza, all'identità della meta stessa. I passeggeri turistici, solitamente, sono dotati di videocamera e fotocamera per immortalare i luoghi visitati e poi poterli apprezzare sullo schermo del proprio computer. Che paradosso! Nel momento in cui posso afferrare dal vivo la presenza del Mistero, ci si ritrova indaffarati a far riprese a causa del poco tempo a disposizione. Ecco il vero problema: il tempo. Invece il pellegrino sa di mettersi in viaggio non per incontrare semplicemente qualcosa, ma bensì per incontrare Qualcuno: la Presenza che ispira e si cela dietro le forme e che al tempo stesso non le abita, poiché Essa è veramente altro. Per incontrare l'Altro non possono esserci limiti di tempo. Giammai la nostra relazione con la Bellezza può essere dettata dai programmi delle agenzie di viaggi. D'altro canto è anche vero che molto spesso anche noi uomini di chiesa abbiamo contribuito a creare una mentalità museale dentro i nostri edifici sacri, facendo divenire tele, argenterie e parati liturgici dei semplici oggetti d'arte, come svuotati del loro valore segnico! C’è in atto una crisi generale che riguarda l’arte e l’estetica: “l’arte è ridotta a decorazione ornamentale” e non è invece “interpretazione interrogante della vita”.

- Come potrebbe intervenire la Chiesa per ovviare a questo problema d’identità, ben nascosto ad un occhio superficiale qual è quello degli operatori turistici, ma ben visibile agli operatori pastorali dei luoghi di culto visitati nel mondo?
“Accertato che l'identità dei luoghi di culto va ben oltre l'essere spazio espositivo di oggetti e ammesso che questi siano anche dei monumenti d’indiscusso valore artistico, è inconcepibile che a far da mediatori tra le opere e i pellegrini siano degli operatori turistici. Una chiesa - con tutto ciò che contiene - prima ancora di essere un'opera artistica, è un'opera teologica e, come tale, necessita di essere s-piegata, ossia di essere aperta alla comprensione di chi le sta di fronte. Il complesso lavoro di esegesi, che un'opera teologico-artistica può richiedere, non deve essere preso con leggerezza. Non basta vedere un'opera per guardarla. Perciò occorrono seri e qualificati professionisti che fungano da medium. Sono sicuramente da auspicare ed incoraggiare appositi corsi di formazione per operatori turistici. Anzi si potrebbe concepire addirittura una nuova figura professionale: una sorta di catecheta artistico-turistico. La Chiesa ha sempre utilizzato l'arte all'interno dei suoi luoghi di culto per illuminare ai fedeli il mistero del Dio di Gesù Cristo, e moltissime chiese sono state costruite corredate di appositi programmi iconografici, allo scopo di aiutare la predicazione rendendola visibile. Nei secoli, purtroppo, la funzione catechetica dell'arte è andata sparendo, ma un nuovo slancio ci viene dal Concilio Vaticano II, che in Sacrosanctum Concilium 127, invita proprio noi Vescovi ad «istituire scuole o accademie di arte sacra» adibite alla formazione artistica e teologica di artisti ed operatori veramente qualificati nel campo della “teologia artistico-turistica”.
- Quali difficoltà oggettive e soggettive si possono incontrare dando vita a iniziative pastorali che promuovano la ricerca della Spiritualità come mezzo per ritrovare l’Umanità dell’uomo?
“Nella ricerca e nella cura della Spiritualità si coltiva parimenti la propria Umanità. L'unica difficoltà che si potrebbe incontrare in questo frangente sarebbe di un’errata concezione dell'uno e dell'altro termine. L'uomo non è solo corpo, ne solo anima e ben che meno è solo spirito, ma egli è corpo animato, anima corporea inabitata dallo spirito! Di conseguenza ciò che beneficia all’anima non può che giovare al corpo e viceversa. La ricerca del senso della vita e l’indagare il mistero di Dio non rende l’uomo alieno alla sua umanità, ma anzi la esalta e la rende autentica. Questo pensiero - che spesso sottolineo nella mia predicazione - concepisce il Vangelo come il mezzo che non ci fa diventare angeli, ma umani! D’altronde anche M. Buber nel “Cammino dell’uomo” facendo chiedere da Dio all’uomo: «Dove sei?», rileggeva la sacra Scrittura (che secondo il sentire comune dovrebbe formare solo gli spiriti) come criterio autentico di vera umanità. Questa è la domanda che oggi, ricercando un’autentica spiritualità, l’uomo deve porsi: a che punto sono del mio essere umano?”
- Come può la Chiesa far combaciare due componenti fortemente contrapposte quali sono la necessità di fare necessariamente “cassa” per ovviare al giusto sostentamento economico dei luoghi di culto, e la necessità di recuperare l’Umanità dell’uomo attraverso la spiritualità forte del messaggio evangelico?
“Sarebbe inutile negare l’importanza della questione economica riguardante il turismo religioso, infatti è innegabile che per conservare in buone condizioni i grandi tesori artistici e remunerare dignitosamente coloro che si interessano di tale conservazione (penso ai restauratori quanto a coloro che si occupano della pulizia e dell’ordine dei luoghi) occorrono dei sostanziosi fondi economici. Certamente è impossibile pensare ad un ticket del pellegrino in quanto contravverrei a quanto detto fin qui. Infatti - lo ribadisco - proprio perché gratuito, libero ed eterno, Dio non può essere vincolato nei limiti delle logiche di mercato. Se però bisogna fare "quadrare la cassa", e le offerte dei pellegrini fossero insufficienti, bisognerà ingegnarsi affinché anche la comunità sociale si prenda cura dei luoghi che, se in primis sono di responsabilità degli enti ecclesiastici, fanno però parte di un tesoro culturale che travalica i confini della proprietà e si impone alla responsabilità di tutti! Molto in questa direzione sta già avvenendo. Occorre però sempre stare attenti alla distinzione dei ruoli e delle finalità degli approcci tra enti pubblici e iniziative di Chiesa.”
- Quali e quante iniziative sono in cantiere per il futuro affinché si possa assicurare al pellegrino, non solo un’assistenza materiale, ma soprattutto un’assistenza spirituale e psicologica affinché il pellegrinaggio diventi non solo un momento singolo della vita ricordato come un semplice viaggio turistico, ma rimanga impresso nella psiche come un momento spirituale importante difficilmente da dimenticare e che possa servirgli in futuro per modificare il proprio stile di vita?
“Il pellegrino, come abbiamo già detto, è molto più di un semplice turista e deve poter trovare in un luogo oltre a ciò che occorre per soddisfare le sue esigenze materiali, anche la possibilità di poter respirare aria di preghiera e di raccoglimento in spazi che predispongano ad orizzonti spirituali. Se dal punto di vista materiale oramai non si presentano grossi problemi, al contrario l’aspetto spirituale spesso viene mortificato, e la preghiera dei pellegrini si concretizza il più delle volte in una “semplice” celebrazione eucaristica. Nella mia Diocesi, in cui comincia a crearsi questo tipo di problema, sta avviandosi il progetto di affidare la cosiddetta “pastorale del turismo” ad un sacerdote ad-hoc, che aiutato da alcuni collaboratori possa garantire la disponibilità a celebrazioni in più lingue, e conseguentemente rendere più agevole l’accostamento al sacramento della Riconciliazione oppure ad un confronto spirituale. “
- Come potrebbero i laici impegnati, coordinarsi con i Presbiteri per una collaborazione proficua nell’assistenza spirituale ai pellegrini?
“Un impegno del laicato sarebbe più che auspicabile. Nella nostra bellissima Italia esistono già numerose esperienze di fruttuosa collaborazione dei laici, per esempio i gruppi di volontari che oggi troviamo a Roma, Assisi, Loreto, San Giovanni Rotondo, impegnati nei servizi di accoglienza dei pellegrini, prestando attenzione alle loro esigenze materiali. Ma volendo puntare molto in alto non sarebbe da escludere che fossero gli stessi volontari ad occuparsi della direzione nella preghiera personale e nella preparazione al colloquio spirituale con il Sacerdote confessore. Certamente per assolvere ad un così importante e delicato incarico i volontari dovrebbero essere, attraverso specifici corsi, iniziati alla preghiera e istruiti nella disciplina teologica. In generale però, per tutti, occorre promuovere percorsi formativi dell’educazione dello sguardo. Non bastano infatti i monumenti con la loro bellezza, è necessario educare a fruirla, a coglierla, a contemplarla. La parola chiave del futuro è allora “formazione estetica” che sia proprio una educazione “ad andare oltre”.
- Un’ultima domanda: nel Suo intervento Lei ha marcato con fermezza che il pellegrinaggio deve essere un momento solenne dove il fedele, attraverso lo sguardo, attento e assorto, deve saper cogliere tutta la spiritualità del luogo visitato provando ad arricchire il proprio bagaglio interiore, non come fine ultimo del viaggio, ma come mezzo, o punto di partenza per ritrovare come fine assoluto un’umanità vera e una disponibilità piena verso il prossimo; Non Crede che anche questo fine assoluto tutto terreno diventi se stesso un mezzo per raggiungere il Vero fine Assoluto che è Dio nella Sua Pienezza, come per dire tutto comincia dalla ricerca di Dio e tutto finisce con Dio finalmente ritrovato?
“Questo è chiaro! In piena sintonia con la sacra Scrittura sono del parere che l’Uomo, può rispondere alla misteriosa chiamata che Dio pone nel suo cuore solo attraverso la sua umanità, basti pensare alle parole di Eb 10, 5: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato”. Pur essendo una tappa nella vita spirituale, il pellegrinaggio non può esimersi dall’essere un punto di partenza verso una nuova ricerca di Dio. Infatti, esso è segno del continuo cammino della nostra vita in cui continuamente, come declama il Cantico dei cantici, crediamo di aver già trovato il Signore, mentre Egli dopo averci fatto sentire la sua voce di nuovo rifugge verso mete più lontane, cui ci attrae, perché la bellezza umana della nostra vita è sempre oltre. L’umano dell’uomo è così ricco che l’umanità in ogni uomo non è mai un “possesso” acquisito, ma sempre un cammino dentro il quale avanzare o una altezza verso la quale sempre innalzarsi, senza posa, senza mai stancarsi. Ultimamente amo definire l’uomo “animale divino”. La razionalità dell’uomo, la sua intelligenza è solo un segno in cui splende qualcosa di più profondo. Non è il “divino” altro rispetto all’umano. No, il divino è dimensione interiore all’umano, perché l’uomo è “animale divino”. L’altro (assolutamente altro) rispetto all’umano è Dio, di cui il divino dell’uomo è una invocazione. Se divino, l’uomo non potrà mai giungere alla sua bellezza e ricchezza umano, senza incontrare Dio. Trovando Dio -che per altro cerca l’uomo da sempre -, l’uomo scopre se stesso. Il natale è dunque la possibilità che Dio da agli uomini di giungere alla loro pienezza umana, per il semplice fatto che “offrendosi agli uomini in Gesù” consente e garantisce l’incontro che umanizza la vita di tutti, credenti e non credenti, di tutti quelli che siano “animali dal volto umano, cioè animali divini per essere umani”.