Dolore, Sofferenza..perché?

Don Tonino Bello
(da: Scritti vari)Carissimi, non scrivo per consolarvi. Anche perché so bene quanto fastidio vi diano le declamazioni di coloro che, sentendosi sempre in dovere di spendere qualche buona parola con voi, ricorrono ai prontuari dei più indisponenti fraseggi. Non è di compatimento che avete bisogno. Prima di tutto, perché il compatimento è una spartizione fittizia del dolore. Poi, perché vi toglie la fierezza di rimaner soli sulla croce. E infine, perché rischia di fermarsi alla soglia delle parole. Al paraplegico che sta inchiodato su una sedia a rotelle, che sollievo può dare il sermone di circostanza fatto da chi magari, subito dopo, deve correre in palestra per una partita di basket? All’handicappato che ti interpella sui grandi perché della vita, e vuoi rendersi conto delle ragioni misteriose che stanno all’origine della sua sfortuna, che conforto possono recare i luoghi comuni tratti dai repertori della compassione? A chi è ridotto all’impotenza da una malattia irreversibile o da un improvviso declino della salute o da un fatale incidente sulla strada, e ti pone la scomoda domanda del «che ci sto a fare più sulla terra», quale aiuto possono dare le tue maldestre citazioni bibliche? Davanti a chi soffre come voi, l’atteggiamento più giusto sembrerebbe quello del silenzio. Però, anche il silenzio può essere frainteso o come segno di imbarazzo, o come tentativo di rimozione del problema. E allora, tanto vale parlarne. Semmai, con pudore. Chiedendovi scusa per ogni parola di troppo. Come, per esempio, una parola di troppo potrà sembrare il segreto che vi confido sulla mia consuetudine con questa preghiera che recito ogni mattina: “Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto. Accetto tutto. Purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle tue mani. Senza misura, con infinita fiducia. Perché tu mi sei padre”. E’ una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è stata difficile anche per Charles de Foucauld che l’ha composta. Questo brillante ufficiale di cavalleria, amante della vita eppure spinto a fare un cammino di conversione nelle aridità del deserto, non poteva mai immaginare che un giorno sarebbe caduto assassinato da un beduino mentre era assorto in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Ebbene, ciò che l’ha reso celebre non è stato il suo martirio, quanto quella preghiera di abbandono. È una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è difficile pure per voi, piagati nei corpo, che tremate a pronunciarla anche dopo che la prova vi è già caduta addosso. Tutto sommato, potrebbe essere una preghiera di comodo, sapendo che a ribellarvi non è che cambiereste la vostra situazione, anzi, accettandovi, potreste cambiare addirittura in preziosissimi assegni circolari le stigmate del vostro fallimento umano. Ma quando si soffre, è difficile fare di necessità virtù, se non viene una forza dall’alto. Al massimo, ci si può rassegnare. Stoicamente. Col sarcasmo sulle labbra, che spesso è peggio della bestemmia. Ed eccomi allora chiamato dal mio dovere di vescovo ad additarvi con fermezza lo scandalo della Croce. Dire che col vostro dolore contribuite alla salvezza del mondo, può sembrarvi letteratura consolatoria. Ricorrere alle frasi fatte degli occhi che vedono bene solo attraverso le lacrime, può essere inteso, se non proprio come un insulto gratuito, almeno come un ritrovato sterile della saggezza umana. Accennarvi che, in fondo, ognuno si porta dentro il suo carico di dolori e che, tutto sommato, non siete poi così soli come sembra, potrebbe accrescere il vostro sdegno. Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell’eloquenza mistificatoria che non convince nessuno. Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c’è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante, eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può nè accorciare nè mettere tra parentesi.Quel posto è tuo, Ignazio, paralizzato per sempre; e di nessun altro. E tuo, Ruggero, che ti trascini a tentoni per la casa e mugoli parole indistinte. Chiamalo, il tuo Signore: è un nome breve. Non può non sentirti: è inchiodato appena dietro di te. Quel posto è tuo, Giuseppe, che ti portano da una clinica all’altra per un male incurabile e hai solo trent’anni: non fare lo sbaglio di rinunciare a quel posto. E tuo, Nadia, splendida bambina: non cederlo a nessuno. Forse un giorno quel posto sarà mio. O lo è già da adesso, ed è solo l’esemplarità del vostro martirio più grande che me ne rende agevole il tormento. Non fosse altro che per questo, vorrei dirvi: grazie! Ma grazie soprattutto perché, se è vero che dobbiamo adorare e benedire Gesù Cristo che con la sua santa croce ha redento il mondo, è altrettanto vero che, in cooperativa con lui, voi ci avete comprato le gioie che fanno fremere il mondo: le sue canzoni, le sue attese di libertà, le sue esplosioni di luce, i suoi tripudi di vita, le sue ansie di festa senza tramonti, le sue speranze di cieli nuovi e terre nuove. Sapete che vi dico? Il mattino di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, voi sarete più veloci di tutti, e ci precederete come Giovanni. E forse vi fermerete sulla soglia, per farci vedere «le bende per terra e il sudario piegato in disparte». E l’ultima carità che ci aspettiamo da voi. Un abbraccio............................Nel duomo vecchio di Molfettaè riposto un grande crocifisso di terracotta. L’ha donato, qualche anno fa, uno scultore del luogo. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete di un locale della sacrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta “Collocazione provvisoria”. La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.Collocazione provvisoria! Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce: la mia, la tua, non solo quella di Cristo. Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i rimorsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella che ti vedi distruggere giorno dopo giorno dal male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero che non sei calcolato da nessuno.Coraggio! La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “Collocazione provvisoria”. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce. C’è una frase immensa che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo: “Da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura della Bibbia. Per me è una delle più luminose. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota! Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio. Coraggio allora, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione dalla croce. C’è anche per te una pietà sovrumana.Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà, finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra assurdo. Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre di pomeriggio! Tra poco, il buio cederà posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga. Un abbraccio! Auguri a ciascuno di voi! Buona Pasqua!”
(da: Scritti vari)