L’apertura Alla Vita Fecondita’ E Procreazione
L’APERTURA ALLA VITA
FECONDITA’ E PROCREAZIONE
1. Fecondità e procreazione
In che cosa consiste la fecondità? In che modo può essere feconda la coppia di un uomo e di una donna che si amano?
Come si diceva a conclusione del discorso sull'amore come relazione, la coppia è immagine di Dio non solo perché è comunione d'amore, ma anche perché tale comunione è feconda sorgente di vita, “permette di continuare l'opera di Dio nei confronti della creazione”.
E’ esperienza comune che l'amore è fecondo, aperto al dono, alla vita. La fecondità è qualità intrinseca della comunione coniugale e la coppia non la esaurisce in se stessa; essa non può consumare al suo interno l'amore, perché la gioia e la vitalità che ne sprigionano si trasmettono,[1] per questo che gli sposi costituiscono un tale ambito vitale, per sé e per gli altri, da farsi segno, aspetto visibile dell'azione creatrice e salvifica di Dio.
I termini fecondità e procreazione vengono spesso identificati nel linguaggio comune. Se si domanda a qualcuno in che cosa consista la fecondità nel matrimonio, risponderà: nel mettere al mondo dei figli. In realtà c'è distinzione fra i due termini. Fecondità è un concetto più ampio; essa è la capacità di produrre frutto per poi donarlo generosamente; è capacità delle persone, delle coppie ed anche delle comunità. Procreare, l'espressione della fecondità della coppia, di questa esclusiva, significa generare, portare alla vita una persona, il proprio figlio, meraviglia di un grande mistero.
Si parla ben poco oggi di fecondità come apertura generosa e creativa, come partecipazione alla creazione e alla costruzione del Regno, al servizio di tutti gli uomini. Oggi è molto più frequente sentir parlare di produttività, di rapporti e attività produttive, la cui legge è quella della convenienza valutata tramite un bilancio fra costi e benefici. Prevalgono razionalizzazione e programmazione perché l'efficienza sia massima. Entro questo orizzonte non può facilmente aver posto la fecondità, la quale è libera e gratuita; fluisce da sovrabbondanza di ricchezza interiore.
Occorre risalire alla sorgente della Vita per cogliere il significato più ampio della fecondità. Alla sorgente della vita c'è Dio che è il Dio della vita. Ogni uomo, ogni coppia sarà a Sua immagine se susciterà vita. La fecondità umana è invitata a diventare un'immagine dell'inesauribile vita di Dio: “Non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi” (Mt 22,31-32); “Io sono venuto perché abbiano vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10); “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15,8).
In questa luce la procreazione, non potrà più essere semplice generazione biologica, né riguardare esclusivamente il rapporto interno fra genitori e fra genitori e figlio. Non potrà essere, in altre parole, una procreazione senza fecondità, ma l'espressione di una comunione ricca e vitale, capace dell'accoglienza della vita e del dono continuo della vita; capace di gioire della novità che vi è contenuta, capace di generare il futuro verso cui tutta l'umanità cammina.[2]
2. Fecondità e procreazione nelle Scritture
La Parola di Dio ci dà preziose indicazioni sul significato di fecondità e procreazione. Innanzitutto l'Antico Testamento. Rileggendo con attenzione e complessivamente il primo e il secondo capitolo della Genesi è possibile trovarvi già espressa l'ampiezza di significato della fecondità che il Creatore dona all'uomo e alla donna, che ne diventano capaci e responsabili.
I due racconti della creazione presentano prospettive diverse: l'uno riguarda soprattutto l'uomo (prima da solo, nell'Eden, e poi coppia); l'altro soprattutto il creato (di cui l'uomo-coppia è parte fondamentale). Entrambi culminano con la creazione della coppia umana, ma, mentre il testo più antico (Gn 2,4b-25) è più orientato verso l'aspetto interno, intimo e personale del rapporto fra uomo e donna, quello più recente (Gn 1,1-31; 2,1-4a) evidenzia, nel grande quadro di tutto il creato, la loro posizione e vocazione di creature superiori nei confronti di tutta la creazione e il loro rapporto privilegiato con il Creatore.[3]
Il secondo racconto della creazione (Gn 2,4b-25) non parla affatto di fecondità sessuale, di procreazione di figli: è focalizzato soprattutto sulla coppia e sulla sostanza del rapporto di coppia. La ragione primaria della dualità sessuale non sembra qui essere la generazione di altre vite, ma la pienezza della vita dei due, la loro comunione. Questa è la prima fecondità. C'è tuttavia nello stesso testo, cioè nella sua prima parte (Gn 2,4b-17), la vocazione dell'uomo-coppia ad un'altra fecondità che si esprime in un modo molto concreto e quotidiano: nel lavoro della terra, nella fruizione della stessa, nell'allevamento e nella fruizione degli animali. Essa si esprime anche nella cura e attenzione per la conservazione di tutto il creato e nel godimento per la sua bellezza. Questa fecondità è feriale, semplice, ma fondamentale, altissima: consiste nella collaborazione all'opera del Dio creatore perché la creazione continui e raggiunga il suo compimento. Ciò significa che l'uomo, la coppia è chiamata ad essere attiva, a costruire il mondo, a portare frutti di vita, continuando e completando l'opera della creazione.
L'altro racconto della creazione (Gn 1, 1-3 1;2,1-4a) offre indicazioni sulla fecondità, sia nel suo senso più specifico di procreazione, che in quello più ampio.
Dopo le prime grandiose opere, vengono creati gli esseri viventi, cioè quelli che vengono alla vita, che vivono tramite il soffio vitale e che sono capaci di trasmetterlo.[4] Essi sono gli animali tutti, che vivono nel cielo, nel mare e nella terra, e l'uomo, l'uomo-coppia. All'uomo, creato qui “maschio e femmina” (insieme fanno l'uomo intero), a immagine e somiglianza di Dio, viene indicata subito la vocazione, l'invito ad essere “fecondi”, a “moltiplicarsi”, a “riempire la terra”, a “soggiogarla” e “dominare su tutti gli animali”. C'è innanzitutto la chiamata alla fecondità procreativa rivolta all'uomo maschio e femmina da Dio stesso, come partecipazione alla sua azione creatrice; tramite la dualità sessuale dunque all'uomo e alla donna è offerto, oltre al dono della relazione d'amore e del reciproco completamento di cui al Gn 2,18-25, il dono della fecondità procreativa. Ma c'è anche, per tutti e due, la chiamata ad una fecondità che va al di là della fecondità procreativa: essa - come in Gn 2,4b-17 - consiste nel lavorare, dominando la terra e gli animali e allo stesso tempo prendendosene cura e servendoli.
La creazione degli esseri “ viventi “, animali e uomo, pur così diversi per quanto riguarda il loro rapporto con il Creatore e con il creato, è accompagnata da un'azione speciale di Dio, dalla sua benedizione, cioè dal dono della forza vitale, della forza della fecondità per continuare a vivere e a generare (Gn 1,22.28). Questo è il significato originario della benedizione, segno della generosità di Dio: è dono, promessa della capacità di procreare e moltiplicarsi. Non dunque un comando, ma soprattutto una promessa del dono della capacità di moltiplicarsi e prosperare attraverso il succedersi delle generazioni che renderanno possibile lo sviluppo successivo della storia di tutta l'umanità e della storia della salvezza del popolo di Dio. Al di là della procreazione, la benedizione si riferisce, nello stesso testo, come poi nei testi successivi, anche ad un ambito più ampio: essa è riferita, quanto alla storia degli uomini, al progresso e allo sviluppo della civiltà umana, che è frutto del lavoro dell'uomo, per la continuità del dono di Dio che rende possibile ogni crescita e ogni fecondità.
La benedizione di Dio, diretta a tutta la fecondità di cui è capace l'uomo (o meglio l'umanità, l'Adamo collettivo), è quindi invito alla creatività, alla partecipazione attiva, alla creazione. All'uomo, alla coppia è affidata, nella libertà, la responsabilità di rappresentare, di fare presente il Creatore, di collaborare con Lui, continuando la sua opera feconda di creazione, di sostegno e di sviluppo della vita. Essi sono creati per costruire e dominare il mondo, per vincere il male, per servire la vita, per dare un futuro alla creazione.
La fecondità nei due racconti della creazione ha un orizzonte assai vasto. Per il resto dell'Antico Testamento, colpisce l'accentuazione data alla fecondità biologica. Nel contesto ebraico, come in ogni società di quel tipo, i figli erano essenziali, erano la ragione della vita e della sua capacità di continuazione. E' per questo che gran parte della vita familiare e del rapporto uomo-donna erano in funzione della discendenza.
Per tutte queste ragioni si ha della procreazione un senso profondamente religioso. Anzi si può cogliere, attraverso molti testi, non solo un grande rispetto della vita, il senso che essa è un dono, la consapevolezza che la sorgente di ogni vita è Dio, ma anche qualche anticipazione della radicale spiritualizzazione annunciata da Gesù.
Il messaggio che viene da tanti di quei testi è che i figli sono dono e benedizione di Dio, fonte di ogni fecondità:
“ Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo “ (Sal 127,3).
“ La tua sposa come vite feconda
nell'intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti di ulivo
intorno alla tua mensa.
Così sarà benedetto l'uomo
che teme il Signore” (Sal 128,3-4).
Eppure essi non sono il valore supremo: alla moglie che piangeva per essere sterile, Elkana dice: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?” (1 Sam 1,8).
Dopo la promessa della terra e di un figlio, “Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia “ (Gn 15,1-6). Egli credette, contro ogni evidenza, che il figlio della promessa sarebbe venuto e Dio rese feconda Sara, sua moglie sterile. Isacco fu figlio della fede di Abramo e di Sara oltre e più che dell'unione dei loro vecchi corpi. Dalla stessa fede, da questa fecondità spirituale Abramo divenne anche padre di un numeroso popolo e soprattutto padre di tutti i credenti (Rm 4,18-25).
Nel Nuovo Testamento questa concezione è riaffermata e superata: è la fecondità della vita intera, espressa nell'amore, il vertice di tutti i valori. Viene così superato il valore della fecondità corporea per la fecondità che chiamiamo spirituale, non certo nel senso che è disincarnata, ma nel senso che ha la sua origine nello Spirito Santo che suscita ogni vita.
Procreazione e fecondità spirituale si uniscono in modo irripetibile in Maria che ha concepito il suo Figlio prima nel cuore e nella mente che nel grembo, proprio mediante la fede.[5] Per lei, come per Elisabetta la sterile, è Dio che dona il figlio e la fecondità diventa il chiaro segno della fecondità del Dio che salva (Lc 1,24-25; 26-38).
Gesù non parla mai direttamente della fecondità naturale. Per Lui la fecondità spirituale diventa il criterio di valore della vita. L'amore è davvero donare la vita per qualcuno e questo va ben al di là del donare la vita a qualcuno, generandolo fisicamente.
La fecondità spirituale di Gesù di Nazaret viene dall'amore gratuito e illimitato e di essa la fecondità fisica diventa immagine. Gesù è Figlio di Dio, chiama i suoi discepoli, Figli, e insegna loro a rivolgersi a Dio come Padre. Fecondità spirituale è quella che genera salvando, sulle orme della salvezza offerta a tutti dall'amore di Cristo crocifisso. Paolo dirà ai Galati di averli di nuovo partoriti (Gal 4,19) e ai Corinzi di averli generati in Cristo (1 Cor 4,15).
La fecondità spirituale scaturisce dall'ascolto della Parola di Dio, dall'apertura al soffio dello Spirito che ispira a mettersi alla sequela di Gesù.
“Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,48-50).
“Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27-28).
La fecondità più piena è dunque la fecondità spirituale che è dono della vita per la salvezza degli altri. La fecondità spirituale non è una fecondità astratta né disincarnata: è quella che nasce nell'apertura allo Spirito di Dio, il quale si fa presente, si rende visibile, proprio e solo attraverso l'amore che riusciamo a donare, attraverso i suoi gesti concreti, segni storici di salvezza, personali e comunitari.
La fecondità spirituale è la fecondità che nasce, insieme, dall'amore e dalla fede. La coppia che vive il suo matrimonio nell'amore e nella fede, ne troverà le radici in Dio, nella sua parola creatrice, nel suo amore senza limiti.[6]
3. Vivere la fecondità
Con l'aiuto delle esperienze delle coppie, nel loro quotidiano vissuto e nella loro riflessione, comprendiamo meglio che cosa possa in concreto significare essere fecondi e come si possa vivere la fecondità.
Ogni fecondità viene da Dio. E’ Suo dono gratuito. Le coppie sono particolarmente consapevoli che essa rimanda alla Vita che tutti ci sostiene: “ alla radice e al fondamento di ogni fecondità percepiamo il misterioso amore creatore e redentore di Dio, la sovrabbondanza di vita che da Lui incessantemente fluisce “. “E’ Dio che ci ha amati per primo, che ci ha chiamati alla vita con la sua Parola di amore; ed è sempre il suo amore a renderci a nostra volta capaci di amare in modo fecondo, di generare vita intorno a noi”.
La fecondità solo gratuitamente può essere espressa come risposta alla sovrabbondanza di amore e di vita che proviene dal Dio Creatore e Salvatore: “la fecondità vera è quella gratuita. La gratuità sotto qualsiasi forma, è il messaggio più profetico che si possa dare in un mondo dominato dalla convenienza, dal calcolo, dall'efficienza”.
Nella espressione della fecondità, non si è perciò che un tramite, un mezzo di trasmissione di un dono che gratuitamente viene dalla infinita fecondità creatrice di Dio: “Ci sentiamo umili trasmettitori della vita, e di tutto quanto Dio vorrà far passare attraverso noi”. “In un certo senso, è come se si prestasse a Dio la nostra pasta umana perché possa, qui ed ora, lievitare la vita che Egli incessantemente suscita”.
Stupore, meraviglia, rendimento di grazie, umiltà[7] sono i sentimenti espressi: “Di fronte al nostro primo figlio neonato ci trovammo estasiati, incapaci a parlare. Tanto era il nostro stupore di fronte al mistero della sua nascita.” “Il frutto più bello, gratuito e sempre imprevisto del nostro amore è l'atmosfera che si respira nella nostra casa: grazie ad essa ci stupisce sempre vedere persone tristi rallegrarsi, persone turbate rasserenarsi”.
“Dopo molti anni abbiamo imparato che la nostra parte è solo quella di arare il terreno e seminare. E ringraziare per il frutto che ci viene dato qualche volta di vedere”. “Non sappiamo se siamo fecondi, ma cominciamo a capire sicuramente una cosa: il vero frutto non è quasi mai quello aspettato”! “Spesso siamo presi dalle nostre responsabilità, come se tutto dipendesse dal nostro impegno. Non è così: i frutti escono quando e dove non ci aspettavamo di vederli. O non si vedono affatto. O si vedono in direzioni dove non ce li saremmo aspettati”.
Fecondità è dunque capacità di trasmissione di vita già ricevuta, disponibilità a partecipare all'opera di Dio, senza che sia dato prefigurarne i frutti.
Tuttavia siamo solo noi, nella nostra condizione di creature, gli strumenti attraverso i quali fecondità e vita possono essere trasmesse ed è nelle nostre mani trasmetterle o no. Questa capacità ci è stata data e sta a noi attivarla mettendo in movimento immaginazione e intelletto, per evitare casualità, istintività, ripetitività, per accedere al piano della progettualità creativa. La creatività è fondamento di ogni cammino di fecondità. Senza di essa c'è il grigiore, la stasi, la regressione, la perdita di senso.
Creatività. Una coppia feconda allora è quella che costruisce, nell'ambito coniugale e familiare, una consuetudine alla novità e all'innovazione: alimenta l'intelligenza delle cose, animandola con l'immaginazione; comprende e rispetta il presente, ma mette in moto processi nuovi; si accorge quando emergono, li riconosce e accoglie, non eludendo mai il nuovo che preme, spesso imprevisto. L'accoglienza e la docilità allo Spirito farà considerare ogni “ momento favorevole “ (2 Cor 6,2) per far crescere “la creatura nuova: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17).
C'è dentro allo stesso amore una carica vitale, una spinta creativa che in alcuni si esprime in forme sempre ricche e nuove: “ E non cessa di stupirmi con le sue modalità, sempre rinnovate e impensate, di comunicare tenerezza, accoglienza, solidarietà; di trasmettermi semplici e delicati messaggi che sottolineano la sua viva e attenta presenza”. “ Ci pare che la prima forma di creatività della coppia sia quella che rende possibile ai due coniugi di esprimere la loro personale creatività, attraverso la reciproca accoglienza del cammino di ciascuno verso la pienezza come persona umana”, anche se ciò “potrà portare ad intraprendere vie nuove”, a volte scomode.
“Solo dopo molti anni siamo riusciti ad allontanarci da pregiudizi, schemi e modelli precostituiti. Muovendoci con più autonomia e libertà, si è sviluppato un nostro personale stile di comunicare e di entrare in relazione con gli altri; rimanendo al tempo stesso autentici e disponibili, in grado di adattare ai bisogni delle persone ciò che di più prezioso via via abbiamo da offrire”. “Ci auguriamo di restare giovani lungo tutto l'arco della vita; di restare cioè attenti, curiosi, disponibili; di vincere le resistenze che aumentano con il passare degli anni e che chiamiamo buon senso e realismo. Ci auguriamo di continuare a seguire con sincerità le nostre voci interiori e di essere capaci di nuove scelte di fondo, anche in stagioni più avanzate dell'età”.
E' così che una coppia creativa Potrà fare del suo matrimonio, facile o difficile che sia, un'opera d'arte, un capolavoro, suscitando e armonizzando al meglio tutte le potenzialità, tutte le sorgenti di vita che possono essere messe in gioco. Come per l'opera d'arte c'è una compiutezza, un'armonia, una bellezza anche delle persone, nell'integrazione di corpo, di mente, di cuore. C'è una compiutezza, un'armonia, una bellezza anche dei rapporti umani, anche del rapporto coniugale. Arrivarci è il risultato come per l'opera d'arte di immaginazione, di intelligenza, di abilità.
4. Scelta per la vita. Scelte profetiche
Il cristianesimo più autentico promuove e stimola la vita, non la mortifica. Lo spiritualismo religioso, inteso come attesa, fuga, sublimazione, è esperienza sterile e priva di sviluppi fecondi. Questo è il rischio per chiunque dia alla propria vita un'impronta di spiritualità disincarnata.
Non vivere su questa terra come un estraneo
o come un turista della natura.
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare, ma prima di tutto credi all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza dei ramo che secca, dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza e il dolore dell'uomo.
Ti diano gioia tutti i beni della terra
l'ombra e la luce ti diano gioia
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l'uomo.
(Nazim Hikmet)
Essere fecondi come persona e come coppia vuol dire dare sempre il primato alla scelta di più vita. Vuol dire dare il massimo conto alla vita: alla propria come a quella degli altri, non reprimendola, ma avendone cura e suscitandola, anche nei casi in cui i segnali non ne siano così evidenti ed urgenti. Vuol dire rispettare, apprezzare, ammirare la sua unicità irripetibile; rispettarla ed amarla nella natura, in se stessi e in ogni altro essere umano. Nessuna coppia può dirsi fisicamente feconda se non fa una scelta, un'opzione di fondo per la vita in tutte le forme in cui questa si può manifestare, se non sceglie per una più profonda fecondità, quella spirituale. “La generazione fisica risponde pienamente al suo significato solo se viene completata dalla paternità e maternità nello Spirito”.[8] Altrimenti la fecondità non ha molto senso né valore.
Si possono avere molti figli, ma essere sterili; così potrà avvenire di una coppia, se non sa dare loro un amore che vada oltre l'amore di se stessi; se non coltiva ed esprime, anche al di là della paternità e maternità fisica, la propria capacità di essere fecondi e dare amore. Coppia veramente sterile è quella ripiegata su di sé, quella non spiritualmente feconda.
Al contrario, si può non avere figli ed essere molto fecondi, essere sostanzialmente dei genitori, dei padri e delle madri: la coppia non biologicamente feconda può anzi diventare segno profetico di una fecondità più grande, segno profetico del primato della fecondità spirituale, come è spesso annunciato nelle Scritture. Così è avvenuto per le varie figure femminili sterili (Sara, Rebecca, Anna, Elisabetta); così sarà per la nuova Gerusalemme, la sterile che spiritualmente diviene fecondissima (Is 54,1.3).
“Il fecondo amore coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali la generazione e l'educazione sono quelle più immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso l'uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia, perché è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell'amore come donazione di sé agli altri. A questa prospettiva, per tutti ricca di valore e di impegno, sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno l'esperienza della sterilità fisica (..) La fecondità delle famiglie deve conoscere una sua incessante creatività, frutto meraviglioso dello Spirito di Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze della nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi risposta. (..) In tal modo si dilata enormemente l'orizzonte della paternità e maternità delle famiglie cristiane: il loro amore spiritualmente fecondo è sfidato da queste e da tante altre urgenze del nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù continua ad avere compassione delle folle”.[9]
Scelte profetiche
Una scelta sempre nuova per la vita, una fecondità sempre più ricca, sponrtanea, consueta, potrà portare la coppia ad operare scelte profetiche. Sono scelte profetiche quelle che anticipano il futuro e che il futuro troverà valide. In un mondo dominato dall'egoismo, dal calcolo, dal tornaconto, dall'efficientismo, sono oggi profetiche le scelte ispirate ad una fecondità gratuita e disinteressata, che, come scrive una coppia, “rompono la mentalità del mercante estesa a tutti gli aspetti della vita; si pongono oltre il basso orizzonte dell'utile immediato; superano le meschinità e la durezza di cuore, cercando spazi larghi per i propri passi fra gli uomini di tutto il mondo”. “Sono le scelte”, dice un'altra coppia, “per cui, a mano a mano che maturano la fede e l'amore, si aprono le braccia a ogni uomo, a tutti gli uomini; scelte che implicano distacco dal superfluo, coraggio del rischio dell'ignoto, capacità di discernere ed andare incontro al nuovo”. I coniugi si lasceranno interpellare dagli appelli del mondo più vasto intorno a loro e troveranno il modo concreto di rispondere, di partecipare, di esprimere solidarietà agli ultimi della terra. Comunicheranno così la Buona Novella di un Dio ricco di misericordia e tenerezza, che è con loro, presente per offrire la Sua salvezza. Potranno così testimoniare che si può superare il cerchio che spesso chiude l'esperienza familiare entro stretti orizzonti; che si può uscire al largo, essere là dove il bisogno sembra più urgente, per esprimere solidarietà e condividere, nella semplicità, nella serenità, nella gioia, le ricchezze materiali e spirituali che attendono di essere elargite. In questo modo la comunione coniugale sarà “sorgente di comunione”; in questo modo, “come in una successione di onde che trasmettono il loro moto, potrà diffondersi e propagarsi la catena di solidarietà che legherà tutti gli uomini della terra”.[10]
Il modo con cui,esprimere questa fecondità va inventato con la creatività di ciascuna coppia, nelle forme che suggeriranno l'ascolto della Parola, la lettura attenta della storia, dei segni dei tempi, del contesto in cui si vive, nel rispetto delle vocazioni e potenzialità di ciascuno e delle oggettive condizioni personali, di coppia e della famiglia nel suo insieme.
5. Specificità della fecondità della coppia
La fecondità non è esclusiva della coppia: ogni essere umano, fatto ad immagine di Dio, del Dio amore e fecondità, è chiamato ad essere fecondo, a portare frutti di amore, a donarsi agli altri esseri umani, a rendere presente l'amore di Dio tra gli uomini.
C'è una specificità della fecondità della coppia che si esprime con la forma insostituibile - della procreazione, ma che non si limita a questa: la coppia, come tale, è feconda anche senza figli, come può esserlo la coppia non biologicamente feconda; anche prima che essi giungano; anche dopo che essi siano andati via. E quando stanno in famiglia, pur costituendo il massimo impegno di dono e disponibilità, la fecondità della coppia, la sua attitudine a trasmettere vita come dono ricevuto, non può certo esaurirsi in loro.
La costruzione della coppia
A pensarci bene, la prima vera fecondità dell'amore dei due sposi è quella della costruzione della coppia stessa. “Il primo vero figlio che la coppia è chiamata ed impegnata a partorire è proprio l'amore”.[11] La coppia è segno di fecondità più di ogni altra realtà umana, proprio perché, dalla dualità sessuale, l'uomo e la donna sono chiamati ad una nuova realtà, alla comunione d'amore che genera la pienezza umana, l'armonia, la felicità dei due sposi. Su questa strada le coppie hanno un cammino che durerà tutta la loro vita.
La visione funzionale e finalistica del matrimonio tende invece ad accentuarne gli aspetti istituzionali: fra gli altri, primariamente, la generazione ed educazione dei figli.[12] Il rapporto della coppia, la sua qualità in questa visione è assolutamente trascurabile perché le esigenze e i bisogni dei singoli devono essere sacrificati a quello che viene giudicato il fine primario del matrimonio.[13]
Ecco, al contrario, come si esprime una coppia di oggi: “Abbiamo compreso che la prima fecondità della coppia è far maturare nella libertà le due persone, o, meglio, sviluppare la libertà di due persone”. Eppure è tuttora luogo comune che sposandosi, “si debba rinunciare alla propria libertà per sottometterla al vincolo del legame matrimoniale”, come si è espressa un'altra coppia. Ma a ben guardare, a quale libertà si rinuncia? Se si vuole costruire una comunione autentica, felice, occorre che ciascuno scopra in sé ed esprima, liberi, la sua personale libertà, quella per la quale e con la quale si gioca la vita della persona. Essere persona è innanzitutto essere persona libera, o meglio, liberata.
E' lo stesso amore dato e ricevuto che favorisce lo sviluppo e la crescita delle persone. L'amore, nella sua gratuità, feconda la libertà delle due persone e l'amore di due persone libere è il solo che può costruire una vera comunione.
Libertà è il sì alla vita. E, primo fra i vari sì che ciascuno potrà scegliere, c'è il sì libero e gioioso,di ogni giorno, all'altro perché all'amore, alla gioia, alla spontaneità e al piacere di fare le cose l'uno per l'altro non si sostituiscano il dovere, la consuetudine, il non senso, a volte strade fin troppo più facili e più pacificanti. Il processo di crescita dell'amore nella libertà non è affatto facile e richiede il maturarsi di grandi capacità umane.
Fiorirà così davvero il noi, questa realtà nuova, la coppia, questo primo frutto della fecondità dell'amore. Una nuova fonte di vita, che potrà crescere e rinnovarsi con accentuazioni e sfumature diverse lungo tutto l'arco dell'esistenza. La coppia potrà così farsi autenticamente famiglia: luogo luminoso e trasparente; luogo di intimità, di calore, di gioia; luogo libero e aperto, ricco di stimoli culturali e sociali; luogo di accoglienza della vita e di servizio alla vita; luogo dove nuove vite possono trovare il loro primo, fondante, ambito vitale.
La trasmissione e l'accoglienza della vita[14]
“Quando una comunione coniugale diventa più profonda e completa, il desiderio di renderla visibile e palpabile in una nuova creatura umana si trova inscritto al cuore di ogni coppia di sposi”[15] Il figlio è frutto e segno dell'amore dei coniugi. La loro fecondità raggiunge l'espressione più piena, il frutto più bello e maturo nel dono della vita ai propri figli e nell'accoglienza dei propri figli, nell'accoglienza, come figli propri, di figli generati da altri.[16] I figli sono in qualche modo la manifestazione incarnata e vivente della comunione coniugale, quasi la sua consacrazione; essi sono il segno più concreto della fecondità dell'amore; segno che esso non è fatto per essere consumato all'interno, ma per donarsi gratuitamente, nella libertà che è propria di ogni autentico amore.
L'atto creatore di Dio è espressione di totale libertà con la quale trae a sé dal nulla, per puro amore, le sue creature e per amore le vuole libere. Anche alla radice della fecondità umana in tutta la sua estensione c'è la libera volontà di donare la vita. La coppia, creata con un libero atto dell'amore gratuito del Creatore, è chiamata a trasmettere gratuitamente ad altri il dono più grande che ciascun uomo ha ricevuto gratuitamente dalla libertà dell'amore: il dono della vita e della libertà della vita. Nello scegliere di diventare genitori un uomo e una donna danno vita insieme ad una nuova libertà irriducibile, la libertà di un terzo: di quella creatura, di quel figlio che è totalmente altro, che totalmente li trascende e come tale può diventare, nella ricchezza della novità di vita che contiene, loro salvezza.
Il figlio è destinato a proiettare i suoi genitori nella storia futura, anche quando essi non ci saranno più. Il figlio infatti non è solo il prolungamento personificato dell'amore, il suo futuro visibile, quasi l'attestato della reciproca donazione totale; non è solo lo specchio incarnato della coppia stessa. Donando la vita, diventando cioè carne e sangue in una nuova esistenza umana, la coppia si inserisce per sempre nel tessuto della storia. Essere genitori è essere anelli di congiunzione tra le generazioni, fra il passato ed il futuro, collaborare alla grande avventura umana. Scegliere di farsi genitori, al fondo, significa educarsi ad una grande fede nel futuro dell'uomo e dell'umanità, in una prospettiva di tradizione della vita, nel senso di trasmettere cultura, senso, fede alle generazioni che seguono. Il che significa, maturare un profondo rapporto non solo con la storia presente, ma anche con quella passata e quella futura.
I genitori partecipano anche alla continuazione della creazione; diventano collaboratori di Dio perché la vita umana si propaghi come segno perenne di speranza: il figlio è infatti il segno del continuo rinnovarsi dell'alleanza di Dio con l'umanità e con ogni uomo. E' attraverso ogni uomo che passa il Bene, la Sua Vita, la Sua Presenza salvifica; è attraverso ogni uomo che si diffonde l'attesa del ritorno del Signore, alla fine dei tempi. Con l'immissione di nuove vite nell'abbraccio di Cristo per l'umanità, la procreazione diviene infine collaborazione all'opera di salvezza da Lui offerta a tutta l'umanità. Diviene gesto ecclesiale: se le nuove creature liberamente risponderanno all'amore di Cristo, se liberamente si metteranno alla Sua sequela, altri credenti potranno nella Chiesa partecipare alla preparazione dell'avvento del Regno, alla gioia della consapevolezza dei salvati.
Responsabili per la vita che cresce. A differenza di quanto accade nelle specie inferiori, l'essere umano educa i suoi figli ed essi, solo dopo molti anni dalla nascita, divengono pienamente autonomi. Non è qui possibile fermarsi sul grande tema della responsabilità dei genitori nella crescita dei figli, che richiede ovviamente una trattazione distinta. Si propongono solo alcune linee essenziali suggerite dalle esperienze e riflessioni delle coppie.
Generare un figlio è per l'uomo e la donna un atto d'amore che li ìmpegnerà a lungo: amore offerto senza sosta e responsabilità sempre nuove.