Contraccezione - Aborto - Fecondazione Artificiale - Procreazione Responsabile I° Parte
PROCREAZIONE RESPONSABILE
CONTRACCEZIONE – ABORTO – FECONDAZIONE ARTIFICIALE
Di fronte alle scelte sulla procreazione troviamo spesso due atteggiamenti opposti:
1. la paura del figlio fondata su varie difficoltà concrete che porta a dilazionare la nascita del primo figlio per "sistemare prima altre cose"; è segnata da scelte contrarie alle procreazione che non esclude neppure il ricorso all'aborto ... una visione superficiale, egoistica e sbagliata della vita;
2. Il desiderio del figlio voluto a ogni costo (per le nuove prospettive odierne aperte dalla scienza e dalla tecnica). Un atteggiamento che spesso nasconde la visione della generazione come fatto tecnico: generare è come creare un nuovo prodotto.
Nell'uno e nell'altro caso si tende a separare l'amore dalla procreazione, l'aspetto unitivo da quello procreativo. Le domande sulla procreazione si riducono alle seguenti: "Come evitare di avere figli?" "Come controllare le nascite?". “Cosa fare per avere un figlio ad ogni costo e senza fatica?”.
LA PROCREAZIONE RESPONSABILE.
Procreazione, richiama la relazione tra il marito e la moglie, che prima ancora sono un uomo e una donna che si sono incontrati e hanno deciso di condividere nel matrimonio la loro vita; la procreazione richiama anche la relazione tra i coniugi e il figlio.
E’ una delle realtà umane maggiormente complesse. Infatti, coinvolge tutta la realtà personale di coloro che vivono la possibilità procreativa. Quando parlo di coinvolgimento di tutta la realtà personale mi riferisco alla globalità della persona in tutte le sue dimensioni.
La procreazione, infatti:
- è un processo fisio-biologico: è l'incontro tra lo sperma e l'ovulo che permette il concepimento di una nuova realtà che è il feto.
- è un processo psicologico: esiste in ciascuno di noi il desiderio di continuazione della propria vita nel figlio, che comporta un coinvolgimento di tutta l'intelligenza, la volontà, l’emotività.
- coinvolge le scelte di relazione (quindi la moralità) che ciascuno compie e vive: i coniugi realizzano la relazione di marito e moglie per la crescita del loro amore e con la generazione del figlio vivono il compito di responsabile paternità e maternità.
- esprime la spiritualità della propria interiorità: si esce da sè facendo della propria vita un dono per la crescita qualitativa di altri.
Ciò che ci interessa in questa trattazione non è l'aspetto fisio-biologico, psicologico o anche spirituale ma il suo aspetto morale: parliamo infatti di responsabilità.
Responsabilità significa prima di tutto "disponibilità incondizionata ad accogliere il figlio" come dono divino e frutto della sua benedizione. Procreazione responsabile è allora innanzittutto la capacità di avere un "grembo permanentemente accogliente". Ciò non significa che bisogna avere tanti figli ma che prima ancora di ogni decisione di avere figli deve esserci la disponibilità ad accogliere i figli e la coscienza della chiamata a cooperare con Dio. In questa ottica non esistono "gravidanze non volute" o "figli nati per sbaglio" ma figli chiamati alla vita da Dio. Parlare di "programmazione delle nascite" significa allora entrare nel progetto di Dio che rimane arbitro del "segreto della vita": ogni nascita è affidata alla coscienza dei genitori ma non al loro arbitrio o a calcoli egoistici. Essere genitori è allora cercare di prendere le decisioni opportune, cercando sinceramente ciò che l'amore di Dio attende da loro.
Proprio per essere degni collaboratori di Dio sarà dunque necessario che gli sposi conoscano bene le modalità attraverso le quali avviene il concepimento: acquisire un autodominio che rende capaci di padroneggiare l'istinto e il desiderio che fanno scaturire la generazione, imparare a valutare le scelte più opportune da fare sulla base del proprio bene personale e di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, delle condizioni di vita del tempo e delle condizioni materiali e spirituali della coppia. Procreazione responsabile prima che essere la capacità di limitare le nascite è allora il rendersi disponibili alla generosità, tenendosi liberi dai condizionamenti ispirati dalla paura, dall'egoismo, dalla sfiducia, dalla caduta della speranza... E' in questa prospettiva che va collocata anche la riflessione sulla non opportunità, se non per evidenti e gravi motivi, del figlio unico.
Responsabilità significa rispondere a qualcuno di qualcosa. La risposta coinvolge sempre tutto noi stessi: i nostri sentimenti, le nostre emozioni, le motivazioni più profonde del nostro agire, le scelte spirituali della nostra interiorità. La risposta, che sempre dobbiamo dare a qualcuno che ci pone una domanda, non può essere affrettata, se vogliamo essere costruttivi e non vogliamo essere superficiali. La risposta va valutata tenendo presente la complessità che ci circonda, tenendo presente lo scopo ultimo e vero della vita, le capacità personali di coerenza nel portare avanti gli impegni da assumere. Responsabilità è quindi una realtà complessa che coinvolge sempre almeno due persone: chi domanda e chi è chiamato a rispondere. Questo è un livello di responsabilità.
C'è un altro livello, che è ancora più profondo in quanto è una responsabilità verso se stessi: io sono chiamato a rispondere a me stesso, alla verità più profonda di me stesso. Quest'altro livello è ancora più esigente del precedente, perché‚ se a colui che mi domanda qualcosa io posso anche non rispondere, più difficile è negare a se stessi una risposta alle istanze più interiori e vere del nostro essere.
Procreazione responsabile quindi significa che un figlio non è frutto di un capriccio di un momento in cui due persone fanno l'amore e per conseguenza, il più delle volte sgradita, nasce il pupo, ma è frutto di risposta a se stessi, all'altro coniuge, alla vita che vuole nascere, e infine a Dio che dona la capacità procreativa ai coniugi.
Procreazione responsabile quindi significa che si attua la decisione di procreare, cioè la decisione di generare con consapevolezza e rispondendo alle varie istanze personali, familiari e sociali, di un'altra persona. Questo comprendendo che il bene proprio consiste nel bene dell'altro coniuge e del figlio che nasce.
LA PATERNITA' E MATERNITA' RESPONSABILE.
La procreazione fa sì che i coniugi possano esprimere la loro paternità e maternità la quale non si inventa, ma è frutto spontaneo della natura. Non si è 'padre' perché‚ si fa l'amore e si mette incinta una donna, nè si è 'madre' perché‚ si mette al mondo una creatura, la si allatta e la si fa crescere. Questo è un fatto fisiologico, caratteristica di tutte le creature animali. Quanti figli messi al mondo non sono frutto di una paternità e maternità responsabile! Alla paternità-maternità ci si arriva attraverso delle scelte ben precise. Sono scelte di fondo che comportano chiarezza interiore e coraggio di viverle. Tutto nasce da una aspirazione: siamo consapevoli che vogliamo realizzare la nostra vita di persone cercando di fare il bene possibile alle nostre forze, favorendo non tanto se stessi quanto la crescita dell'altro con cui si è in relazione.
Il valore della paternità e maternità responsabile va colta nell'affermazione che essere padre e madre è un compito.
La paternità e maternità è un compito che i coniugi sono chiamati ad assolvere nei confronti di se stessi e, quindi, del figlio. E' un compito che approfondisce la soggettività dei coniugi e la responsabilità nei confronti della prole. E' quindi un compito che mette di fronte a se stessi i coniugi in quanto persone chiamate a rispondere della vita del figlio. Il compito poi consiste, fondamentalmente, nell'educare il figlio a prendere coscienza della propria identità soggettiva chiamato a realizzare le sue relazioni personali: i coniugi sono chiamati ad aiutare il figlio a essere e vivere in quanto persona che pensa, agisce e ama secondo le sue proprie capacita.
Vivere la paternità e maternità significa allora vivere bene la relazione con il figlio permettendo la sua espressione personale.
Vivere la paternità e maternità significa allora educare il figlio per quello che è, non per quello che voglio che sia, educare nello scoprire la sua realtà personale profonda, educare a vivere bene le sue relazioni personali. Paternità e maternità significa ri-procreare, dare nuovamente e continuamente vita al figlio, non geneticamente e fisicamente, ma in tutta la sua realtà di persona in quanto essere che pensa, agisce, ama.
Poeticamente Kahlil Gibran, autore de Il Profeta, così scrive riguardo ai figli:
"E una donna che stringeva il bambino al seno chiese (al maestro):
Parlaci dei Figli’.
Ed egli disse:
I vostri figli non sono vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio
che la vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso di voi,
ma non da voi,
e, benché‚ vivano con voi,
ciò non di meno non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore,
ma non i vostri pensieri,
perché‚ essi hanno i loro, di pensieri.
Potete custodire i loro corpi ma non le loro anime,
perché‚ le loro anime abitano la casa del futuro,
che neppure in sogno potete visitare.
Potrete cercare di essere simili a loro,
ma non potrete farli simili a voi,
perché‚ la vita procede e non si attarda mai sopra il passato.
Voi siete gli archi da cui i figli
come frecce vive sono scoccati avanti.
L'Arciere vede il bersaglio sulla linea dell'infinito,
e con la forza vi tende,
perché‚ le frecce vadano rapide e lontane.
E che il vostro tendervi nella mano dell'Arciere
avvenga nella gioia;
perché‚, come ama le frecce che volano,
così ama l'arco che sta fermo”.
L’esercizio della paternità/maternità responsabili
Ora spostiamo l'attenzione sul versante dei soggetti coinvolti, nella particolarità delle circostanze in cui si trovano a vivere e a decidere, in ordine ad una procreazione responsabilmente attuata.
Paternità e maternità responsabile si riferiscono non solo all'atteggiamento di fronte al servizio della vita umana, in termini di numero di figli da accogliere, ma dicono riferimento anche al modo e ai mezzi con cui si persegue o meno la finalità della generazione dei figli. Si tratta allora di responsabilità da esercitare non solo in rapporto al fine, ma anche in rapporto ai mezzi usati per raggiungere il fine.
Il Direttorio di Pastorale Familiare della CEI[1] ha la preoccupazione di precisare il significato esatto di procreazione responsabile, contro una sua riduttiva ed errata interpretazione (DPF n. 108): non va intesa infatti "solo come 'controllo' o addirittura 'limitazione' o 'esclusione' delle nascite", ma - riprendendo HV significa ponderare bene, "in rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali" della coppia genitoriale, la decisione sia di "far crescere una famiglia numerosa" sia di "evitare temporaneamente o anche a tempo indeterminato una nuova nascita" (HV n. 10).
Responsabilità nella procreazione non vuol dire che gli sposi sono "liberi di procedere a proprio arbitrio" nel compito di trasmettere la vita, ma significa che "devono conformare il loro agire all'intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti" (HV n. 10).
E' da sottolineare l'autonomia di giudizio che compete ai coniugi nella decisione di accogliere i figli nei tempi e nel numero, ma sempre in una chiara coscienza, in cui formarsi, di essere "cooperatori dell'amore di Dio creatore".
La responsabilità tuttavia esige che, per il formarsi di una retta decisione, sia presa in seria considerazione la situazione in cui la famiglia vive, proprio per assicurare le migliori condizioni di accoglienza e di servizio alla vita del nascituro.
Fermi restando i principi qui ricordati non si può tuttavia negare la complessità di situazioni e di circostanze in cui spesso una famiglia si trova a vivere: condizioni che, obbiettivamente, possono rendere difficile e gravosa l'osservanza di tutta la norma morale, specialmente in riferimento alla regolazione delle nascite, per coloro che vogliono vivere la paternità e la maternità in modo veramente responsabile. La Chiesa, mentre richiama la verità della norma morale, è cosciente delle difficoltà che i coniugi possono incontrare, ma nello stesso tempo li invita a compiere un graduale cammino di crescita verso una migliore conoscenza e attuazione dei valori contenuti nella norma[2].
Elementi per il discernimento di una procreazione responsabile
Volendo riassumere, tentiamo di riepilogare in alcuni punti i criteri che dovrebbero guidare il discernimento di una coppia che voglia vivere con responsabilità il compito di trasmettere la vita.
1) Amore coniugale "umano ", "totale " e 'fedele ". La prima responsabilità degli sposi è la cura per una reale e mutua comunione di amore e di vita. L'amore coniugale è umano perché coinvolge tutta la persona, non solo il sentimento ma anche la volontà, fino a far degli sposi un cuor solo ed un'anima sola. E' totale in quanto gli sposi condividono ogni cosa, senza riserve e senza calcoli egoistici. E' amore fedele ed esclusivo: la fedeltà è rispondente alla natura del matrimonio e fonte di felicità per gli sposi (cfr. HV n. 9).
2) Amore 'fecondo". L'amore "non si esaurisce nella comunione tra i coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite" (HV n. 9). Il vivere nel dono reciproco è inverato dalla capacità di aprirsi al dono del 'far vivere' l'altro.
3) Condizioni particolari, personali della vita di coppia e sociali, contribuiscono al formarsi della decisione di coscienza sulla vita da accogliere. I coniugi potranno arrivare alla loro decisione, nella permanente tensione fra generosità e responsabilità solo dopo:
- un esame serio dei beni oggettivi che sono in gioco: la vita personale dei due coniugi, la vita di coppia, la vita dei figli già nati e dei figli che nasceranno, le richieste urgenti della società;
- un esame fiducioso e prudente delle risorse e difficoltà materiali e personali;
- un esame spassionato in termini di fede, amore e speranza, della propria realtà di coppia credente, evangelica.
4) Regolazione responsabile delle nascite: la questione dei metodi. Non può essere giustificata l'indifferenza verso i metodi da seguire per una regolazione responsabile delle nascite: Rispetto, nel modo migliore possibile, alla 'verità' di ogni singolo atto coniugale affinché 'esprima' (gli atti umani hanno un valore non solo 'effettivo', ma anche 'espressivo') la connessione del duplice significato unitivo e procreativo.
Spostando il discorso verso la questione dei mezzi ci chiediamo quale responsabilità sia richiesta agli sposi in rapporto ai modi per evitare, dopo giusta ponderazione, una nascita o per, viceversa, ottenere un figlio.
Sappiamo a questo proposito cosa la Chiesa insegna circa i metodi artificiali di controllo delle nascite e circa le pratiche di fecondazione artificiale: la netta separazione che questi interventi dell'uomo introducono nell'unità dei significati unitivo e procreativo, espressi nell'atto coniugale, non è priva di conseguenze sul piano dell'atteggiamento di fronte alla sessualità e alla procreazione.
[1] CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di Pastorale Familiare, Roma 1993.
[2] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris Consortio n. 34, 22 novembre 1981, in Enchiridion
Vaticanum 71 1631-1633. Qui vi leggiamo ancora: “…rientra nella pedagogia della Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina dell'Humanae vitae come normativa per l'esercizio della loro sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le condizioni necessarie per osservare questa norma".