La Donna E Il ‘vangelo Della Famiglia’
La donna e il ‘Vangelo della famiglia’
a cura di Claudio A. Bosco
Grande è il “dono” che Dio ha fatto all'umanità istituendo il matrimonio come «intima comunità di vita e di amore coniugale» (Gaudium et spes, 48) e volendo la famiglia «quale principio e fondamento della società umana» (Apostolicam actuositatem, 11) Così la Presentazione al Direttorio familiare ‘ Annunciare, celebrare, servire il “Vangelo della famiglia”’ per la Chiesa in Italia, del 1993. Poco oltre, si legge che «Poiché nell'edificazione di una comunità ecclesiale unita nella carità e nella verità di Cristo, è fondamentale la testimonianza e la missione della famiglia cristiana» e poiché la stessa famiglia cristiana «è il primo luogo in cui l'annuncio del vangelo della carità può essere da tutti vissuto e verificato in maniera semplice e spontanea», «la pastorale di preparazione e formazione al matrimonio e la cura spirituale, morale e culturale delle famiglie cristiane rappresentano un compito prioritario della nostra pastorale » (cf. n. 30). “La famiglia è luogo privilegiato dell'annuncio evangelico” (Giovanni Paolo II, in «L'Osservatore Romano», 14 maggio 1993, p. 5). Dieci anni dopo, un’ eco dell’espressione di papa Wojtila: «La nuova Evangelizzazione e la missione ad gentes comportano una sfida per la Chiesa di oggi. Le famiglie cristiane, evangelizzate ed evangelizzanti, hanno un posto privilegiato nella vita delle comunità cristiane [...] La famiglia deve diventare un'attraente testimone della sua identità, fondata sulla comunità di amore e di vita (totius vitae) tra un uomo e una donna, nella donazione reciproca e totale. La totalità della donazione reciproca dà fondamento e significato alle caratteristiche di quella comunione: la totalità della donazione richiede ed esprime la fedeltà e l'esclusività; si tratta di una comunione feconda, aperta al dono della vita, secondo la sua missione di procreazione integrale, non solo biologica, ma che esige l'educazione, nell'"utero spirituale" (Cfr San Tommaso d'Aquino, Summa Teologica II-II, q.10, art. 12.) rappresentato dalla famiglia, soprattutto nei primi anni di vita del bambino ” » (dalla Prolusione del Cardinale Legato Pontificio Alfonso López Trujillo, Il Vangelo della famiglia e il Vangelo della vita nella nuova evangelizzazione, Manila, 22-26 gennaio 2003 - IV Incontro Mondiale delle Famiglie - "La famiglia cristiana: una buona novella per il terzo millennio"). Sempre papa Wojtila, sulla santità “dal volto femminile”: « Ritengo tuttavia particolarmente significativa l'opzione per questa santità dal volto femminile, nel quadro della provvidenziale tendenza che, nella Chiesa e nella società del nostro tempo, è venuta affermandosi con il sempre più chiaro riconoscimento della dignità e dei doni propri della donna. In realtà la Chiesa non ha mancato, fin dai suoi albori, di riconoscere il ruolo e la missione della donna, pur risentendo talvolta dei condizionamenti di una cultura che non sempre ad essa prestava l'attenzione dovuta. Ma la comunità cristiana è progressivamente cresciuta anche su questo versante, e proprio il ruolo svolto dalla santità si è rivelato a tal fine decisivo. Un impulso costante è stato offerto dall'icona di Maria, la « donna ideale », la Madre di Cristo e della Chiesa. Ma anche il coraggio delle martiri, che hanno affrontato con sorprendente forza d'animo i più crudeli tormenti, la testimonianza delle donne impegnate con esemplare radicalità nella vita ascetica, la dedizione quotidiana di tante spose e madri in quella « chiesa domestica » che è la famiglia, i carismi di tante mistiche che hanno contribuito allo stesso approfondimento teologico, hanno offerto alla Chiesa un'indicazione preziosa per cogliere pienamente il disegno di Dio sulla donna. Esso del resto ha già in alcune pagine della Scrittura, e in particolare nell'atteggiamento di Cristo testimoniato nel Vangelo, la sua espressione inequivocabile » (Dalla Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, 1 ottobre 1999). A tamburo battente, il tratto essenziale del “genio femminile” additato dal papa nella Mulieris dignitatem è stato così interpretato dalla fondatrice di un grande movimento cattolico: « …la donna - che non ha bisogno di diventare sacerdote - ha un contributo tutto suo da portare. Lei mette in rilievo ciò che è fondamentale nella Chiesa, o meglio ciò che è nel più profondo della Chiesa, il valore più intimo, il più grande: l'amore. La donna, come dice anche il Santo Padre, mi pare nella Mulieris dignitatem, è in certo modo più capace di amore degli uomini. Ci sono stati, fra gli uomini, dei giganti che hanno amato, pensiamo a San Camillo de Lellis, a San Vincenzo de Paoli, ecc., però la sensibilità, la personalità, il carattere proprio della donna è quello di essere capace in modo speciale di amare. Questo perché è capace anche di patire di più, sotto certi aspetti. Vediamo ad esempio che la donna si sacrifica per la maternità, lo sa fare con amore. Può essere che la donna debba portare questo qualche cosa nella Chiesa che forse da qualche parte può mancare»
(Intervista a Chiara Lubich, http://www.focolare.org/it/sif/1999/19991011i_a.html). Un anno prima, Chiara ricordava che: « Occorre ora che ella sappia vivere il suo essere donna, così come Dio l’ha pensato, con le sue peculiarità che la rendono "capolavoro della creazione", come l’ha definita Pio XII. Se così sarà, non occorrerà che ella conduca troppe battaglie per essere come l’uomo, né che tenti d’imitarlo pedestremente. Sarà, tra il resto, l’uomo stesso ad essere attratto dalla sua bellezza, dalle sue tipiche qualità, ad offrirle tutto lo spazio che richiede, a porla sul piedistallo della sua dignità" » (da: http://www.focolare.org/it/sif/1998/19981015i_a.html). Chi voglia andare in profondità sul tema del “Vangelo della famiglia” dovrà quindi decidersi, prima o poi, a riflettere attentamente su quel “carattere proprio della donna” , sul suo “essere capace in modo speciale di amare” , di cui si è fatta menzione. Se poi la sommessa indicazione offerta (“ Può essere che la donna debba portare questo qualche cosa nella Chiesa, [qualche cosa] che forse da qualche parte può mancare” ) venisse raccolta, perché vera, maternamente vera… - “Non hanno più vino…” -, ecco che straordinarie conseguenze si profilerebbero, è intuitivo affermarlo, per le comunità cristiane che decidessero di dare centralità alla pastorale familiare in termini di valorizzazione dei carismi femminili in esse latenti. Secondo il pensiero di papa Giovanni Paolo II, occorrerà: …considerare più specialmente il ruolo della donna cristiana, […] delle donne, per le speranze che in esse si possono e si devono riporre per il presente e per l'avvenire. […] La Chiesa […] ritiene pertanto che, in realtà, il riconoscimento del valore della donna abbia come fonte ultima la coscienza cristiana del valore di ogni persona. Tale coscienza […] illuminata dallo Spirito Santo, giunge progressivamente a meglio capire le intenzioni del disegno divino contenuto nella rivelazione. E' sono queste «divine intenzioni» che dobbiamo cercare di studiare, soprattutto nel Vangelo, trattando del valore della vita dei laici, e in particolare di quello delle donne, per favorire il loro contributo all'opera della Chiesa per la diffusione del messaggio evangelico e per l'avvento del regno di Dio. […] A tale proposito può essere interessante notare che, se nella redazione più antica della creazione di Adamo ed Eva (cf. Gen 2,4b-25) la donna viene creata da Dio «dalla costola» dell'uomo, essa è posta accanto all'uomo come un altro «io» con cui egli, diversamente che con ogni altra realtà creata, possa dialogare alla pari. In questa prospettiva si pone l'altro racconto della creazione (cf. Gen 1,26-28), in cui viene immediatamente affermato che l'uomo creato a immagine di Dio è «maschio e femmina». «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» ( Gen 1,27; cf. Mulieris dignitatem, 6). […] Si direbbe che all'autore sacro prema asserire, in definitiva, che la donna porta in sé la somiglianza con Dio non meno dell'uomo, e che è stata creata a immagine di Dio in ciò che è specifico per la sua persona di donna e non soltanto in ciò che ha di comune con l'uomo. Si tratta di una uguaglianza nella diversità (cf. CCC, n. 369). Quindi, la perfezione per la donna non è essere come l'uomo, di mascolinizzarsi fino a perdere le sue specifiche qualità di donna: la sua perfezione - che è anche un segreto di affermazione e di relativa autonomia - è di essere donna, uguale all'uomo ma diversa. Nella società civile e anche nella Chiesa, l'uguaglianza e la diversità delle donne devono essere riconosciute. […] nel «Protovangelo» (cf. Gen 3,15) l'inimicizia viene stabilita fra il demonio e la donna. Prima nemica del maligno, la donna è la prima alleata di Dio (cf. MD, 11) . In quella donna possiamo riconoscere, alla luce del Vangelo, la Vergine Maria. Ma in quel testo possiamo anche leggere una verità che concerne in genere le donne: esse sono state promosse, dalla scelta gratuita di Dio, a un ruolo primario nell'alleanza divina. […] In Maria si rivela pienamente il valore attribuito nel piano divino alla persona e alla missione della donna. Per convincersene, basta riflettere sul valore antropologico degli aspetti fondamentali della mariologia: Maria è «piena di grazia» dal primo momento della sua esistenza, sicché è preservata dal peccato. Manifestamente il favore divino è concesso con abbondanza alla «benedetta fra tutte le donne», e da Maria si riflette sulla stessa condizione della donna, escludendone ogni inferiorità (cf. RM, 7-11). […] Le donne ricevono una grazia speciale; la ricevono per vivere nell'alleanza con Dio a livello della loro dignità e missione. Esse sono chiamate a unirsi a modo loro - in un modo che è eccellente - all'opera redentrice di Cristo. Alle donne spetta un grande ruolo nella Chiesa (cf. Udienza Generale del 22 giugno 1994). E, due settimane dopo: « […] Anche nelle sue parabole Gesù non esita a portare similitudini ed esempi tratti dal mondo femminile, a differenza del «midrash» dei rabbini, dove compaiono solo figure maschili. Gesù si riferisce sia a donne che a uomini. Volendo fare un raffronto, si potrebbe forse dire che il vantaggio è dalla parte delle donne. Ciò significa, quanto meno, che Gesù evita persino l'apparenza di una attribuzione di inferiorità alla donna. E ancora: Gesù apre l'accesso del suo regno alle donne come agli uomini. Aprendolo alle donne, egli vuole aprirlo ai bambini. Quando dice: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10,14), egli reagisce alla sorveglianza dei discepoli che volevano impedire alle donne di presentare i loro figli al Maestro. Si direbbe che egli dia ragione alle donne e al loro amore per i bambini!>>. E ancora: «Le donne furono così le prime messaggere della risurrezione di Cristo per gli stessi apostoli» (cf. CCC, n. 641). […] esaltiamo […] tutte le […] donne - religiose e laiche - che nei secoli hanno testimoniato il Vangelo e trasmesso la fede, esercitando un grande influsso sulla fioritura di un clima cristiano nella famiglia e nella società » (cf. Udienza Generale del 6 luglio 1994). Nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, del 2004, di cui si riportano qui vasti stralci, si legge: «Tra i valori fondamentali collegati alla vita concreta della donna, vi è ciò che è stato chiamato la sua «capacità dell'altro». […] È opportuno comunque ricordare che i valori femminili, ora richiamati, sono innanzitutto valori umani: la condizione umana, dell'uomo e della donna, creati ad immagine di Dio, è una e indivisibile. È solo perché le donne sono più immediatamente in sintonia con questi valori che esse possono esserne il richiamo ed il segno privilegiato. Ma, in ultima analisi, ogni essere umano, uomo e donna, è destinato ad essere «per l'altro». In tale prospettiva ciò che si chiama «femminilità» è più di un semplice attributo del sesso femminile. La parola designa infatti la capacità fondamentalmente umana di vivere per l'altro e grazie all'altro. […] Per quanto riguarda la Chiesa, il segno della donna è più che mai centrale e fecondo. Ciò dipende dalla identità stessa della Chiesa, che essa riceve da Dio ed accoglie nella fede. È questa identità «mistica», profonda, essenziale, che occorre tenere presente nella riflessione circa i rispettivi ruoli dell'uomo e della donna nella Chiesa.Fin dalle prime generazioni cristiane, la Chiesa si è considerata come comunità, generata dal Cristo e legata a lui da una relazione d'amore, di cui l'esperienza nuziale è l'espressione migliore. Di qui deriva che il primo compito della Chiesa è di restare alla presenza di questo mistero dell'amore di Dio, manifestato nel Cristo Gesù, di contemplarlo e di celebrarlo. A questo riguardo la figura di Maria costituisce nella Chiesa il riferimento fondamentale. Si potrebbe dire, con una metafora, che Maria porge alla Chiesa lo specchio in cui essa è invitata a riconoscere la sua identità così come le disposizioni del cuore, gli atteggiamenti ed i gesti che Dio attende da lei.L'esistenza di Maria è un invito fatto alla Chiesa a radicare il suo essere nell'ascolto e nell'accoglienza della Parola di Dio, perché la fede non è tanto la ricerca di Dio da parte dell'essere umano, ma piuttosto il riconoscimento da parte dell'uomo che Dio viene a lui, lo visita e gli parla. Questa fede, per la quale «nulla è impossibile a Dio» (cfr Gn 18,14; Lc 1,37), vive e si approfondisce nell'ubbidienza umile e amante con cui la Chiesa sa dire al Padre: «Avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). La fede continuamente rimanda a Gesù — «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5) — e lo accompagna nel suo cammino fino ai piedi della croce. Maria, nell'ora delle tenebre più profonde, persiste coraggiosamente nella fedeltà, con l'unica certezza della fiducia nella parola di Dio.Sempre da Maria la Chiesa impara a conoscere l'intimità del Cristo. Maria, che ha portato nelle sue mani il piccolo bambino di Betlemme, insegna a conoscere l'infinita umiltà di Dio. Ella che ha accolto nelle sue braccia il corpo martoriato di Gesù deposto dalla croce mostra alla Chiesa come raccogliere tutte le vite sfigurate in questo mondo dalla violenza e dal peccato. Da Maria la Chiesa impara il senso della potenza dell'amore, come Dio la dispiega e la rivela nella vita stessa del Figlio prediletto: «ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore... ha innalzato gli umili» (Lc 1,51-52). Sempre da Maria i discepoli di Cristo ricevono il senso e il gusto della lode davanti all'opera delle mani di Dio: «Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente» (Lc 1,49). Essi imparano che sono nel mondo per conservare la memoria di queste «grandi cose» e vegliare nell'attesa del giorno del Signore. Guardare Maria ed imitarla, tuttavia, non significa votare la Chiesa ad una passività ispirata a una concezione superata della femminilità e condannarla a una vulnerabilità pericolosa, in un mondo in cui ciò che conta è soprattutto il dominio e il potere. In realtà la via di Cristo non è né quella del dominio (cf. Fil 2,6), né quella del potere come viene inteso dal mondo (cf. Gv 18,36). Dal Figlio di Dio si può imparare che questa «passività» è in realtà la via dell'amore, è un potere regale che sconfigge ogni violenza, è «passione» che salva il mondo dal peccato e dalla morte e ricrea l'umanità. Affidando l'apostolo Giovanni a sua Madre, il Crocifisso invita la sua Chiesa ad imparare da Maria il segreto dell'amore che trionfa.Ben lungi dal conferire alla Chiesa un'identità fondata su un modello contingente di femminilità, il riferimento a Maria con le sue disposizioni di ascolto, di accoglienza, di umiltà, di fedeltà, di lode e di attesa, colloca la Chiesa nella continuità della storia spirituale di Israele. Questi atteggiamenti diventano, in Gesù e per mezzo di lui, la vocazione di ogni battezzato. A prescindere dalle condizioni, dagli stati di vita, dalle vocazioni diverse, con o senza responsabilità pubbliche, essi sono ciò che determinano un aspetto essenziale dell'identità della vita cristiana. Pur trattandosi di atteggiamenti che dovrebbero essere tipici di ogni battezzato, di fatto è caratteristica della donna viverli con particolare intensità e naturalezza. In tal modo le donne svolgono un ruolo di massima importanza nella vita ecclesiale, richiamando tali disposizioni a tutti i battezzati e contribuendo in modo unico a manifestare il vero volto della Chiesa, sposa di Cristo e madre dei credenti».
CONSIDERAZIONI A CONCLUSIONE.
La Chiesa è Madre. La Chiesa è il corpo di Cristo, che ne è il capo, ripete san Paolo. Da Presidente della Congregazione per la Dottrina della fede, Sua Santità il Papa Benedetto XVI ricordava che: « La formula: la Chiesa è il corpo di Cristo afferma […] che l’Eucarestia, in cui il Signore ci dà il suo corpo e fa di noi un solo corpo, è il luogo dell’ininterrotta nascita della Chiesa, nella quale egli la fonda sempre di nuovo; nell’eucaristia la Chiesa è se stessa nel modo più intenso; in tutti i luoghi e nondimeno una sola, così come lui è uno solo». Chiarendo che «Egli ci fa il suo corpo; una parola che però va pensata a partire dalla risurrezione e dallo sfondo linguistico semitico da cui muove san Paolo. Il corpo è il sé di un uomo, che non si risolve nel corporeo, ma che comprende anche il corporeo, Cristo ci da se stesso, lui che, in quanto risorto, è rimasto corpo » (cf. http://web.i2000net.it/ioculano/chiesa/chiesa5.htm). Se il Figlio di Dio prese carne umana con corporeità, intelligenza e caratteristiche spirituali maschili, il corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, presenta anche tratti, caratteristiche inequivocabilmente richiamanti la femminilità. Femminilità tutta esemplata, ne furono presto consapevoli i Padri, su quella di Maria Santissima, madre di Cristo. Del suo essere “maternamente capace di donare a Dio nuovi figli in Cristo Gesù” attestano varie accorate espressioni “paterne” di san Paolo, tra le quali la seguente: “Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature” (1Tessalonicesi 2, 7), ove si avverte tutta la cura messa nell’agire da quell’apostolo-Chiesa che è diventato Paolo, l’ex persecutore della Chiesa di Dio. A questo ‘farsi madre della Chiesa madre’, per l’Eucaristia, concorrono tutti i carismi e i ministeri, primo fra gli altri quello dei pastori, degli apostoli e dei loro successori. Ancora san Paolo, a proposito dei tratti che, nel Popolo di Dio, richiamano l’icona biblica della vergine sposa: “Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (2Corinzi 11, 2). Non dovrebbe essere difficile cogliere, allora, la portata profetica – rivolta, certo, a rileggere il passato, ma anche ad immettere speranza nel presente e additare il futuro – delle parole di papa Giovanni Paolo II all’ Udienza del 22 giugno 1994, riportate sopra: « Le donne ricevono una grazia speciale; la ricevono per vivere nell'alleanza con Dio a livello della loro dignità e missione. Esse sono chiamate a unirsi a modo loro - in un modo che è eccellente - all'opera redentrice di Cristo. Alle donne spetta un grande ruolo nella Chiesa ». La donna è colei che, collaborando con l’uomo, accende e tiene accesa, nella famiglia, la fiamma dell’amore. E se “la famiglia è luogo privilegiato dell'annuncio evangelico” , è bello lasciarsi prendere dallo stupore che suscita sempre la meditazione sul disegno di Dio riguardante la donna, la sua natura (umana, al femminile) e la sua vocazione: il “sì” della donna al suo particolare disegno, al suo speciale essere creata “ad immagine” dell’Autore della vita, il suo “grazioso” (da “gratia ”) aderire alla conformazione a Cristo Gesù nel Battesimo e il suo ‘unirsi’ – nell’Eucaristia – ‘all’opera redentrice di Cristo’, le dà e le darà accesso, certamente, al “grande ruolo nella Chiesa” di cui sopra. Non può essere nascosta l’evidenza, mantenuta luminosissima dagli evangelisti, che devono aver avuto gli incontri tra Gesù e le donne, dentro e fuori della Palestina del suo tempo. Se, secondo il compianto papa Giovanni Paolo II, “manifestamente il favore divino è concesso con abbondanza alla «benedetta fra tutte le donne», e da Maria si riflette sulla stessa condizione della donna” , s’impone una rinnovata, attualizzata “centratura missionaria” – nella riflessione e nella vita – da parte delle comunità cristiane sulla Parola di Dio, così come è stata accolta e vissuta dall’elemento femminile della Santa Famiglia, da Maria di Nazareth, Madre di Gesù, divenuta, sotto la Croce, Madre della Chiesa. E ciò dicasi, in primis, per le famiglie cristiane singolarmente e comunitariamente considerate, che andranno aiutate a riscoprire e a valorizzare al massimo il dono della donna evangelizzata ed evangelizzatrice al loro interno, ma pure nelle parrocchie e nelle diocesi, per una ordinata e feconda circolazione dei doni, femminili e maschili, nell’intero Corpo di Cristo che è la Chiesa.
da: www.evangelizzando.net